Maria Giovanna Tortora, volontaria del Gruppo FSHD di UILDM, ha intervistato Jaya Motta, intervenuto con la propria testimonianza durante l'ultimo Simposio del Gruppo clinico italiano FSHD che si è svolto a Pisa 2023 a cura dell’Associazione Italiana Miologia.

Cosa ti ha spinto a dare la tua testimonianza in questo Congresso?

Essendo un paziente UILDM, ero molto interessato a partecipare al Congresso soprattutto per sentire le varie novità in merito allo sviluppo della ricerca scientifica al fine di trovare una soluzione che possa risolvere questa patologia che colpisce noi pazienti. Poi sicuramente se posso dare una mano a tutto il team di scienziati, medici, pazienti ecc.…, anche con una mia testimonianza, sono felice di poter dare, nel mio piccolo, il mio contributo.

 

Perché pensi che sia importante che i pazienti si interessino al tema della ricerca?

Penso che sia importante in quanto è sicuramente un modo per conoscere un nuovo mondo, appunto quello della ricerca, e soprattutto conoscere come stanno evolvendo le ricerche scientifiche. Questo ti può dare una maggiore forza/determinazione nell’affrontare la patologia e i problemi che abbiamo ogni giorno, sapendo che parallelamente esistono più persone in tutto il mondo che ce la mettono tutta nel trovare delle cure per questa patologia ma non solo, anche per tutte le altre patologie, e che dunque sono lì per aiutare tutti noi affetti da qualche malattia, anche se loro stessi non hanno delle patologie. Questo mi dà molta forza perché, c’è un fattore comune che ci lega che è quello di aiutare chi ha bisogno.

 

Visto i progressi tangibili dei ricercatori in merito alla FSHD come ti aspetti che sia il futuro delle persone con questa patologia?

Sicuramente positivo, ci vorrà del tempo, però sono super convinto e fiducioso che prima o poi si troverà una soluzione che “sconfiggerà” questa patologia.

Personalmente credo che anche dopo aver trovato una cura per questa patologia, bisognerà comunque svolgere tutte quelle attività che prevedono la nostra salute, una su tutte è la fisioterapia. La fisioterapia secondo me va fatta, al di là se uno ha una patologia o meno.

Inoltre penso che con la ricerca scientifica riusciremo a bloccare il gene che provoca questa patologia, ma probabilmente, per persone che sono state colpite maggiormente, come nel mio caso (non cammino), non riusciremo a ritornare a camminare solo grazie ai progressi scientifici nell’ambito medico, ma potremo farlo se oltre ai progressi nell’ambito medico, ci aggiungiamo tanta fisioterapia, riabilitazione e anche utilizzo di ausili come corsetti, tutori, protesi ed esoscheletri per migliorare la nostra vita quotidiana.

Alla fine però la cosa più importante è che siamo noi stessi pazienti che dobbiamo volerlo, quindi fare anche diversi sacrifici, tipo la fisioterapia, ma che poi con il tempo, ci aiutano a migliorare la nostra condizione fisica e dunque poter svolgere anche attività che mai avremmo immaginato di poter svolgere.

Dunque penso che sono un insieme di più fattori che renderanno la vita di noi pazienti più agevole in futuro.

 

Intervista a cura di Maria Giovanna Tortora, Gruppo FSHD UILDM